Il concetto di work-life balance non è nuovo, ma è salito alla ribalta con la digitalizzazione che porta a essere sempre connessi, impedendo di fatto una separazione netta tra lavoro e non lavoro, ufficio e casa. La pandemia di Covid-19, la diffusione capillare degli strumenti digitali e dello Smart Working, o meglio del work from anywhere, hanno accresciuto l’attenzione per il work life balance perché i lockdown, la crisi economica e la riflessione personale e professionale che sempre accompagnano le grandi emergenze economico-sociali hanno modificato l’approccio al lavoro da parte delle persone. Adesso il benessere conta di più e carriere poco soddisfacenti portano rapidamente al burnout o, addirittura, alla rinuncia al lavoro.

Come nasce e in che cosa consiste il work life balance.

Il termine work-life balance è entrato in uso negli Anni ’70 e ’80 per indicare l’importanza, nella generazione dei lavoratori Baby Boomer, di trovare un equilibrio fra il lavoro, la famiglia e le altre aree della loro vita. La Generazione X (i nati nel 1965-1980) ha guardato ancor di più all’aspetto dell’equilibrio come tempo per la famiglia e tutte le attività che non sono il lavoro. L’ingresso dei Millennial nel mondo del lavoro ha  nuovamente spostato l’attenzione. Questa generazione vuole un percorso professionale che sia funzionale al loro modo di vivere, ovvero che non si scontri con il loro lifestyle. Ciò ribalta l’approccio tradizionale del  trovare un lavoro e costruirci la vita intorno in base a orari, luogo, stipendio e altri fattori.

Perché bilanciare vita e lavoro è importante.

Assicurare ai lavoratori e ai loro familiari un buon equilibrio tra vita privata e lavoro è sempre più importante per l’HR perché, da un lato, contribuisce al benessere dei dipendenti e, dall’altro, aiuta le imprese a  rimanere competitive sul mercato, sostenendo con le persone la crescita e i risultati finanziari. Le imprese che hanno adottato specifiche iniziative per la promozione della qualità della vita dei collaboratori registrano  risultati positivi in termini di aumento della produttività perché i collaboratori, più sereni, sono anche più motivati ed efficienti. Ma, soprattutto, le aziende che dimostrano attenzione nei confronti del benessere  lavorativo hanno una reputazione decisamente migliore, dimostrandosi attraenti per i talenti in fase di recruiting e incrementando notevolmente la retention delle risorse interne.

Come conciliare lavoro e vita privata.

Alcuni consigli per i lavoratori per preservare il proprio tempo libero e la salute, rimanendo comunque produttivi ed efficienti sul lavoro, sono: imparare a saper dire qualche no sul lavoro; creare dei confini precisi sia  col datore di lavoro (per esempio con il “diritto alla disconnessione”) che con se stessi (per esempio evitare di portare il computer a letto o di rispondere ad una telefonata di lavoro a tavola); ritagliarsi più tempo per le  relazioni sociali; non trasformare il tempo libero in stress (una corsa a dedicarci a tutto quello che non abbiamo avuto tempo di fare a causa del lavoro), ma lasciare che sia un momento di relax e recupero delle  energie.

Un progetto concreto in Italia che cerca di ottenere un miglior work-life balance è “ SloWelfare , Benessere organizzativo a Km0”, accordo di partenariato e iniziativa finanziata da Regione Lombardia che ha come capofila SloWorking. Il progetto ha già una ventina di Partner, tra cui Comuni, piccole imprese dell’innovazione digitale, della consulenza e della comunicazione, negozi di quartiere e realtà commerciali territoriali ed enti istituzionali, della cultura, dell’associazionismo e dei servizi alla persona. Per un anno i titolari di queste realtà, i dipendenti e i loro familiari saranno al tempo stesso fruitori ed erogatori di servizi gratuiti o resi  disponibili a un prezzo molto agevolato come voucher per asili nido, centri estivi e spazi gioco, momenti di confronto fra generazioni diverse.

Work-life balance batte stipendio: il lavoro non è l’unico valore.

Avere un lavoro non basta. Anche se lavorare è indispensabile per vivere, le persone esigono una qualità della vita accettabile. Una ricerca di Aviva pubblicata lo scorso agosto e condotta in UK ha scoperto che il 41% delle persone ha scelto il proprio attuale lavoro per il work-life balance contro il 36% che è stato attratto dallo stipendio (sono soprattutto le donne a dare valore al work-life balance, prioritario per il 44%). Nel sondaggio analogo condotto nel 2019 lo stipendio rappresentava la prima ragione per scegliere il proprio lavoro, seguito a brevissima distanza dal work life balance. Seguono nel ranking (sia nel 2022 che nel 2019) la location (presenza di un parcheggio, collegamento con i mezzi pubblici…) e la possibilità di fare carriera, ma si ribaltano la quinta e la sesta risposta più selezionata: nel 2022 “le persone e la cultura” contano più della “reputazione dell’azienda”. I benefit non inclusi nello stipendio sono al settimo posto sia nel 2022 che nel 2019 e, afferma l’88% dei lavoratori, aumentano la soddisfazione complessiva nei riguardi del datore di lavoro.

Il work-life balance è fondamentale anche per chi è ai vertici aziendali. In un recente post su Linkedin il co-fondatore di Netflix Marc Randolph ha condiviso la sua personale esperienza, raccontando di aver messo severi paletti per proteggere la sua vita privata. Uno dei suoi “trucchi” per evitare che il lavoro lo assorba completamente è creare degli appuntamenti con la sua sfera personale: il martedì, per esempio, Randolph
esce dall’ufficio alle 17. Sempre e comunque. “L’ho fatto per quasi trent’anni, caschi il mondo, io alle cinque chiudo col lavoro e sto con mia moglie. Andiamo al cinema, a cena, a passeggio a guardare le vetrine. Non
ho mai derogato”, scrive Randolph. “Se il martedì mi dovete dire qualcosa alle 16.55, lo farete nel parcheggio mentre avvio la macchina per tornare a casa”.